6) La Sala Fellini
Le ombre di un sogno perduto
Attraversare la Sala Fellini è seguire il naturale cammino lungo un sentiero che conduce a spazi nuovi, non solo reali, ancora inesplorati.
E’ in questo angolo dal sapore evocativo che, tra le luci soffuse e i riflessi cangianti dei grandi specchi e dei cristalli, sogno e realtà si mescolano e rimandano l’uno all’altra, in un gioco sottile ai confini dell’immaginario.
Scorrendo la galleria di ritratti che incorniciano la sala, uno su tutti racconta un sogno in divenire: è la fotografia del regista, seduto in terrazza, da solo, lo sguardo assorto, come rapito da qualcosa di non svelato, la mano a mezz’aria, e una parola sospesa, immortalata nel tempo.
Di sogni la vita di Fellini fu costellata, e nel firmamento della sua esistenza non ci furono solo le meraviglie di ideali realizzati, ben noti ai più, ma anche inquietudini, grigie angosce e pellicole mai nate, ingabbiate nella scaramanzia di cattivi presagi che ne bloccarono la gestazione.
Per lunghi anni, premonizioni notturne e timori profondi convinsero Fellini a non dare mai alla luce una delle sue più controverse storie, quella di Giovanni Mastorna e del suo viaggio, gotico e visionario, in un mondo oltre la vita, per alcuni una sorta di Divina Commedia contemporanea.
L’idea del film nacque dalla lettura di “Lo strano viaggio di Domenico Molo” scritto da Dino Buzzati nel 1938. Quel progetto seguì come un’ombra il regista, che lo sceneggiò e girò delle scene di prova con Marcello Mastroianni. Ma il film non si materializzava, anzi su di esso aleggiava sempre una cappa pesante fatta di misteri, sogni ed eventi bizzarri, che spinsero Fellini dopo 30 anni di gestazione, ad abbandonare “Il viaggio di G. Mastorna” che fu definito dal critico cinematografico Vincenzo Mollica “il film mai realizzato più famoso della storia del cinema”.
Così, nell’altalenare di successi e scoramenti, la vita del regista fu un viaggio fluttuante tra le onde di una nave sospinta da onirici desideri, alcuni dei quali rimasero imprigionati come lampi di luce ovattati tra le nuvole di un temporale mai completamente abbandonato alle sue spalle.